Il 7 novembre è mancato a Firenze l’ingegnere Pierangelo Pierallini. Tanti lo conoscevano a Capraia per la sua frequentazione nell’isola da ormai molti decenni.
Amante della musica e appassionato fotografo, è sempre stato presente al Capraia Musica Festival, che ha documentato con le sue foto.
Alla famiglia le nostre sincere condoglianze.
I soci degli Amici della Chiesa di S. Antonio.
Un suo ricordo:
In memoria di Pierangelo Pierallini
Avresti detto di aver scorto un’erma di Capraia quando, di sera sul tardi o la mattina presto, vedevi Pierangelo sfilare a passo lento sui sentieri più lontani dal paese, solo, lo sguardo all’infinito, immerso in chissà quali pensieri. D’un tratto lo vedevi fermarsi, farsi attento come a cogliere misteriosi messaggi dalla natura che lo circondava: l’espressione di un volto scolpito dal tempo su una roccia, il volo di un gabbiano, lo stridere di un falco, il frusciare del vento tra le chiome dei pini o nell’intrico della macchia. Misteriosi messaggi dei quali inevitabilmente mi parlava, capitando all’improvviso davanti alla porta della mia casa, a volte entrando senza nemmeno bussare, preso dal desiderio di farmi partecipe delle sue sensazioni. Ed erano sensazioni che sapevano di poesia, dettate da un cuore straordinariamente sensibile e da una mente rimasta, per sua fortuna, fanciullesca.
Per lui, le erme, le anime vaganti dei defunti capraiesi erano una realtà, non un’invenzione per mettere paura ai cattivi; per lui, un uccello che a volo radente gli passava sul capo era lì per un saluto, per dargli il bentornato; per lui, l’isola era un essere vivente, vero, potente e con un anima, capace di rispondere a chi l’amava con altrettanto amore.
Non era tuttavia un semplice: i suoi studi, la sua laurea in ingegneria ne facevano testo. Amava la musica classica, persino quella da camera (per me la più difficile), l’arte anche quella moderna (per me la più ostica), e coltivava, come me e con altrettanto interesse, la lettura di testi difficili di storia, di filosofia, di religione. Indimenticabili le discussioni che la sera facevamo, seduti davanti alla mia casa, mentre il sole tramontava e Capraia riprendeva respiro dalla calura del giorno. Non eravamo sempre d’accordo – il suo credo era diverso dal mio – ma quanto diceva, quanto mi insegnava era assolutamente sentito, profondo, nobile.
L’ho già detto, purtroppo, per altri amici: i migliori vanno via per primi e non c’è rimedio per la loro perdita. E Pierangelo era davvero un migliore: senza di lui sarò/saremo più soli, meno sogni, meno fantasie, meno poesie mi/ci gireranno nel capo, e Capraia, la nostra Capraia, avrà visto svanire con lui un altro po’ della sua storia più vera.
Folco Giusti