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Notiziario N° 5

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È mancato la scorsa settimana il nostro socio e benefattore Dott. Giuseppe Ferrarini. Vero capraiese aveva aderito con entusiasmo alla nostra iniziativa.

Il Consiglio Direttivo e tutti i soci si inchinano alla sua memoria e porgono sentite condoglianze alla sua consorte, ai figli e nipoti.

Così lo ricorda Folco Giusti:

In memoria di Giuseppe “Bepi” Ferrarini

Mi mancherà il nostro Bepi. Mi mancherà quell’erma gentile che scorrazzava silenziosa, spesso avvolta in un nugolo d’api, sulla via di San Rocco. Quando vedeva la mia casa aperta, veniva: un tocco alla porta, leggero, quasi inudibile, mi avvisava che lui, timido, educato, preoccupato solo che la sua visita potesse dare fastidio, era alla porta. Gli aprivo e lui entrava immancabilmente con qualche cosa in mano, un barattolo del suo miele, un pesce, un totano, un frutto, e sulla faccia un sorriso. Sempre allegro, mi ricopriva delle sue premure, pronto a gioire delle buone notizie e a consolarmi per quelle tristi. Parlava volentieri con me, forse per interrompere un po’ la solitudine delle sue scappate a Capraia fuori stagione, da solo appunto, come penso a lui piacesse. E voleva che gli raccontassi dei miei “successi” e mi imbarazzava, sempre disposto a riconoscermi un’importanza immeritata. Anche con gli altri di Capraia, e mi risulta non solo di Capraia, era così. Le sue virtù – mitezza, umiltà, franchezza, generosità – le aveva nell’anima spontanee: non erano solo una pratica imposta per corrispondere al Santo Vangelo che amava. Eppure non era un semplice, come ha saputo dimostrare con i suoi studi, con la sua professione, con le sue opere di prezioso volontariato, con la sua famiglia mantenuta sempre unita e serena. In una sola occasione l’ho visto turbato, forse un poco arrabbiato e, di certo, non solo per esserne personalmente coinvolto: la fine indegna del giardino del prete a fianco della chiesa, l’angolo di paradiso per chi, come tanti di noi oggi vecchi, vi aveva goduto da bimbo le premurose attenzioni del buon Don Ricco, trasformato in una bolgia infernale da amministratori immemori, insensibili, pronti a macchiare la tonaca pur di soddisfare i loro interessi venali. Ma … anche in questo caso, la rabbia, se rabbia c’è stata, poco è durata, vuoi perché la sua fede non glielo consentiva, vuoi perché nulla doveva turbare il suo stare in Capraia. C’erano gli ulivi da potare, le arnie da curare, un bimbo da visitare. E lui correva, correva come una delle sue api operose, mai sazio, mai stanco, nonostante la sua età ormai veneranda. Anche per lui è arrivata la fine: una tragedia per noi che gli volevamo bene, ma, ne sono convinto, non per lui. Anche la morte non gli faceva paura. Non l’ha cercata di certo, ma di certo la sfidava, come ha fatto nella sua ultima solitaria impresa, infilandosi negli intricati macchioni dei Muri Rossi, nel tratto più profondo e selvaggio dell’isola. Una sola consolazione ci resta: è morto come e dove da sempre voleva, solo sì, ma libero, con Capraia attorno, il silenzio nelle orecchie, il profumo di macchia nei polmoni, i suoi più bei ricordi nel cuore.

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